India (Rajasthan e Uttar Pradesh) 2016
Lontano dalle grandi città, tra le strade dei villaggi indiani, è comune incontrare donne che svolgono lavori di ogni genere, anche molto pesanti, dai lavori nei campi alla costruzione di strade o ferrovie.
Spesso queste vivono in condizioni di totale dipendenza economica dai mariti e di partecipazione alla vita familiare in uno stato di semi-schiavitù. In un report del 2014 (A-HRC-26-38-Add1_en (1)), il Consiglio per i Dirtti Umani delle Nazioni Unite sottolinea che la paura dell’esclusione sociale e della marginalizzazione, oltre che la mancanza di una risposta giuridica efficace ai numerosi casi di violenza, anche domestica, sottopone molte donne indiane a continui maltrattamenti e intimidazioni.
Ciò si ripercuote ovviamente anche nell’ambito lavorativo in cui le donne sono, letteralmente, utilizzate come forza lavoro sottopagata. Il costo di otto ore di lavoro per la costruzione di una strada di alcune delle donne ritratte nelle foto è di 100 rupie, l’equivalente di 1.35 euro. “Conviene”, risponde un uomo accanto a loro a cui chiediamo perchè sono le donne a svolgere un tale tipo di lavoro.
L’emancipazione delle donne indiane nelle zone desertiche o rurali è ancora una situazione lontana dalla realtà quotidiana, che qui ho provato a ritrarre. Lo segnalano ONG locali (come Seva Mandir e Sadhna a Udaipur, Brown Bread Bakery a Varanasi e Bellissima a Jaisalmer, che sostiene i lavori delle vedove dei villaggi nel deserto del Thar) che promuovono l’empowerment femminile incentivando la produzione di lavori artigianali o di sartoria o di prodotti culinari o ayurvedici che permettano alle donne indiane di ottenere la propria indipendenza economica e sociale.
Piccoli passi in avanti verso l’ottenimento da parte delle donne indiane del controllo delle proprie abilità, della propria forza e del proprio corpo, spesso oggetto di sfruttamento e abuso da parte degli appartenenti alle comunità indiane. E non solo.